Il Signore delle Mosche

12,35

Il Signore delle Mosche (titolo originale Lord of the Flies) è il più celebre romanzo, nonché la prova d’esordio, dello scrittore inglese William Golding, Premio Nobel per la letteratura 1983.

Il libro ha come protagonisti un gruppo di ragazzi britannici bloccati su un’isola disabitata e racconta il loro disastroso tentativo di autogovernarsi.

Scritto nel 1952, fu pubblicato due anni dopo, non riscuotendo molto successo: negli USA vendette meno di 3000 copie nel 1955 prima di andare esaurito.

Tuttavia, l’opera divenne un bestseller con 14 milioni di copie vendute nei soli paesi anglofoni, favorito dal grande successo della pubblicazione in edizione economica negli Stati Uniti nel 1959.

 

Il Signore delle Mosche

Il libro è ambientato nel mezzo di una non specificata guerra nucleare: vi viene descritta passo a passo la discesa nella barbarie di un gruppo di studenti ordinari e dei membri di un coro musicale, abbandonati a se stessi in un luogo paradisiaco totalmente separato dalla moderna civiltà. I ragazzini, inizialmente ben educati, cominciano un po' alla volta a regredire ad uno stato umano sempre più primitivo.

Un aereo precipita in mare, unica salvezza è l'isola disabitata che si trova nei pressi. Gli unici sopravvissuti al disastro sono un gruppo di ragazzi inglesi, tutti di buona famiglia borghese nell'età della preadolescenza, assieme ad altri molto più piccoli; insieme si mettono subito all'opera nel tentativo di auto-organizzarsi e governarsi con regole precise pur essendo senza alcun aiuto né controllo da parte di un'autorità adulta. Ben presto, la loro vita si trasforma in un incubo infernale: qualcosa comincia a non funzionare come dovrebbe, emergono difatti paure ancestrali del tutto irrazionali e comportamenti antisociali, da cui si sviluppa una vicenda che metterà a nudo gli aspetti più selvaggi e bestiali della natura umana.

Il Signore delle mosche rappresenta il manifesto della poetica dell'autore, che può essere riassunta in questa frase: "Gli umani producono il male come le api producono il miele".

Anteprima

Capitolo 1

IL SUONO DELLA CONCHIGLIA

Il ragazzo dai capelli biondi si calò giù per l’ultimo tratto di roccia e cominciò a farsi strada verso la laguna. Benché si fosse tolto la maglia della scuola, che ora gli penzolava da una mano, la camicia grigia gli stava appiccicata addosso, e i capelli gli erano come incollati sulla fronte. Tutt’intorno a lui il lungo solco scavato nella giungla era un bagno a vapore. Procedeva a fatica tra le piante rampicanti e i tronchi spezzati, quando un uccello, una visione di rosso e di giallo, gli saettò davanti con un grido da strega; e un altro grido gli fece eco: «Ohè! Aspetta un po’!»
Qualcosa scuoteva il sottobosco da una parte del solco, e cadde crepitando una pioggia di gocce.
«Aspetta un po’» diceva una voce, «mi sono impigliato.»
Il ragazzo biondo si fermò e si tirò su le calze con un gesto meccanico: per un momento la giungla prese un’aria di provincia inglese. La voce parlò di nuovo:
«Non posso quasi muovermi, con tutti questi rampicanti.»
Chi parlava uscì dal sottobosco camminando all’indietro tra i rametti che gli graffiavano la giacca a vento sporca di grasso. Aveva le ginocchia nude grassocce, graffiate dalle spine. Si chinò, tolse le spine con cura e si voltò. Era più piccolo del ragazzo biondo, e molto grasso. Venne avanti, studiando attentamente dove mettere i piedi, e guardò in su. Aveva dei grossi occhiali.
«Dov’è l’uomo col megafono?»
Il ragazzo biondo scosse la testa.
«Questa è un’isola. Almeno, credo che sia un’isola. Quella là nel mare è una scogliera. Forse di grandi non ce n’è in nessun posto.»
Il ragazzo grasso sembrò scosso.
«C’era quel pilota. Ma non era coi passeggeri, era su nella cabina davanti.»
Il biondo guardava la scogliera strizzando gli occhi.
«Tutti quegli altri bambini,» continuò il grasso, «qualcuno dev’essere venuto fuori. Qualcuno sì, non è vero?»
Il biondo si diresse verso l’acqua con l’aria più indifferente che poteva. Cercava di tenere le distanze, ma senza mostrarsi del tutto privo d’interesse. Il grasso si affrettò a tenergli dietro.
«Di grandi non ce n’è neanche uno?»
«Credo di no.»
Il biondo disse queste parole con solennità; ma poi fu sopraffatto dalla gioia di un’ambizione realizzata. Fece una capriola in mezzo al solco, e una smorfia al ragazzo grasso.
«Neanche un grande!»
Il grasso stette un po’ a pensare.
«Quel pilota.»
Il biondo si rimise in piedi, poi sedette sulla terra che fumava.
«Dev’essere volato via dopo averci buttati giù. Non poteva atterrare qui. Impossibile, con un aeroplano a ruote.»
«Siamo stati attaccati!»
«Ce la farà benissimo.»
Il grasso scosse la testa.
«Quando venivamo giù ho guardato da uno di quei finestrini. Ho visto l’altro pezzo dell’aeroplano. Venivano fuori fiamme.»
Guardò su e giù lungo il solco.
«E questo l’ha fatto la fusoliera.»
Il biondo protese la mano a toccare la base scheggiata di un tronco. Per un momento ebbe l’aria d’interessarsi.
«Che cosa gli è successo?» domandò. «Dov’è andata a finire?»
«Quella tempesta l’ha trascinata nel mare. Era ben pericoloso con tutti quegli alberi che cadevano. Ci dovevano essere ancora dentro dei bambini.»
Esitò per un momento, poi parlò di nuovo.
«Come ti chiami?»
«Ralph.»
Il grasso aspettò che a sua volta gli venisse chiesto il suo nome, ma questa offerta di amicizia non ci fu. Il biondo chiamato Ralph sorrise vagamente, si alzò e cominciò un’altra volta a farsi strada verso la laguna. Il grasso gli stava sempre alle costole.
«Penso che un bel po’ di noi siano sparpagliati in giro. Non hai visto nessun altro, tu?»
Ralph scosse il capo e accelerò il passo. Poi incespicò in un ramo e piombò giù con fracasso. Il grasso si fermò vicino a lui, ansimando.
«Mia zia m’ha detto di non correre,» spiegò, «per via della mia asma.»
«Miasma?»
«Sì. Non mi viene il fiato. Ero l’unico ragazzo della scuola con l’asma,» disse il grasso con un certo orgoglio. «E ho cominciato a portare gli occhiali quando avevo tre anni.»
Si tolse gli occhiali e li mostrò a Ralph, strizzando gli occhi e sorridendo, poi cominciò a pulirli contro la sudicia giacca a vento. Un’espressione di pena e d’intima concentrazione alterò il suo volto pallido. Si asciugò il sudore dalle guance e si rimise in fretta gli occhiali.
«Quei frutti…»
Guardò il solco tutto in giro, poi disse:
«Mi pare che quei frutti…»
Si accomodò gli occhiali, si allontanò a gran passi da Ralph, e si accucciò nell’intrico del fogliame.
«Tra un minuto vengo fuori…»
Ralph si allontanò con cautela e fuggì via tra i rami. In pochi secondi si lasciò alle spalle i grugniti del ragazzo grasso, affrettandosi verso la barriera che lo separava ancora dalla laguna.
Scavalcò un tronco spezzato e si trovò fuori dalla giungla.

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